La psicologa: «Genitori state attenti, non dovete identificarvi con il figlio-genietto»

«I bambini molto dotati sono spesso fragili sul piano emotivo»

Da un articolo del Corriere:

La psicologa Anna Oliverio Ferraris

La psicologa Anna Oliverio Ferraris«Avvocato, 40 anni, iscritto al Mensa (il club delle persone brillanti, con quoziente intellettivo più alto del 98% della popolazione mondiale, ndr), la scuola non gli era mai piaciuta: diceva che lo consideravano un ritardato. Rispondeva, i voti c’erano. Però si distraeva facilmente: “è intelligente ma non si applica”, gli dicevano i professori». Non essere riconosciuto: ecco il rischio più grande – e più frequente – per i bambini con potenziale cognitivo elevato. Di ex bambini con un’intelligenza fuori dal comune, come l’avvocato a cui «la scuola proprio non piaceva», ne ha esaminati a decine Anna Oliverio Ferraris, psicoterapeuta e docente di Psicologia dello Sviluppo alla Sapienza di Roma, autrice tra l’altro del libro «Le età della mente», in cui ha indagato come nasce e si sviluppa l’intelligenza nei bambini, come cambia ed evolve nel tempo.

INFERIORE ALLE ATTESE – In classe sono spesso con la testa per aria e con il loro atteggiamento irritano gli insegnanti. Possono essere aggressivi e irascibili. Isolarsi, non riuscire a giocare a lungo con i coetanei. Superintelligenti, ma se gli insegnanti non se ne accorgono, se non sanno come intervenire, c’è il rischio che li privino degli stimoli necessari e li lascino in balia di compagni che li prendono in giro («mi chiamavano “tuttologo” e ne soffrivo molto – racconta un altro dei suoi pazienti -: fino alla fine del liceo ho avuto rapporti terribili con tutti»). Il possibile esito ha un nome tecnico: underachievement, un rendimento inferiore alle attese. «I doni possono non trasformarsi in talenti – spiega la psicologa – . Se non gli vengono offerti gli argomenti di studio in modo da stimolare il suo interesse e abituarlo a difficoltà al suo livello, l’abitudine a capire tutto e subito fa sì che il bambino confonda l’aver capito con l’aver imparato. Proprio i più dotati possono diventare superficiali e non imparare mai a studiare. È frequente che vadano male a scuola. Alcuni si adeguano, per mantenere buoni rapporti con i compagni, altri sviluppano ostilità verso l’istituzione scolastica, non riconoscono i propri limiti, oppure iniziano a dubitare di sé, si scoraggiano e spesso mollano lo studio».

DIPENDENZA – Corrono anche un altro pericolo questi bambini speciali: «l’investimento eccessivo dei genitori». Spiega Oliverio Ferraris: «mamme e papà che stanno addosso ai loro piccoli geni, si identificano al punto da vivere attraverso di loro. Si crea una doppia dipendenza: dei genitori dal figlio, in cui vedono un altro se stesso, ostacolandone ogni passo verso l’indipendenza. E del figlio dal genitore, con legami morbosi, “alla Mozart”, che col padre aveva un rapporto strettissimo e difficile».

Ma il dono di un’intelligenza fuori dal comune è scritto nei geni? È un’eredità che dura tutta la vita? 
«In parte sì, ma gli esiti dipendono da quello che si trova nell’ambiente. È questione di personalità e di carattere. 
Gli esiti non sono scontati: a volte il dono persiste, a volte si ferma. Per esempio se il bambino ritiene di pagare un costo troppo alto: l’isolamento, la perdita degli amici, l’esclusione. Capita che tenga consapevolmente nascosti le sue conoscenze e i suoi pensieri, per diventare più simile ai coetanei».

DOTATI E FRAGILI – Rischiano turbe del carattere, i bambini brillanti, perché si sentono dotati, ma non compresi. E anche il loro mondo emotivo è peculiare: «c’è dissincronia tra sviluppo emotivo e cognitivo – prosegue Oliverio Ferraris: «mentre il primo spesso corrisponde all’età anagrafica o addirittura non è adeguato all’età, il secondo è molto più sviluppato. Il che può creare disagio. Il bambino è in grado di capire razionalmente i problemi degli adulti, ma non ha gli strumenti per farvi fronte, per elaborarli. Avverte le ingiustizie, le incomprensioni e le sofferenze proprie e altrui e più degli altri le interpreta. Reagisce diventando polemico, ritirandosi in se stesso, o addormentando la sua sensibilità o la sua intelligenza, per non soffrire troppo».

Bastano i test mentali per diagnosticare una superiorità? 
«Sono uno strumento di partenza. Ma è importante un’osservazione completa dei comportamenti e della personalità. Bisogna riuscire a cogliere la differenza tra chi ha una buona intelligenza generale e chi ha talenti specifici: spesso si confondono precocità e superdotazione. Alcuni bambini ad alto potenziale, poi, possono sviluppare patologie come la depressione, vivere il disagio provocato dall’underachievement, dal perfezionismo, lo stress connesso al loro sviluppo asincrono. Inoltre esiste il caso dei bambini doppiamente eccezionali, quelli che accanto ad un alto potenziale in uno o più campi possono presentare un disturbo dell’apprendimento o deficit che possono rendere difficile l’individuazione dei talenti.

Avere a che fare con questi bambini può essere frustrante per un insegnante: una sfida, educare alunni con tenacia straordinaria, memoria eccezionale, curiosità, motivazione. E che spesso in classe diventano chiassosi o aggressivi. 
«L’insegnamento dovrebbe essere individualizzato, per tutti, non solo per questi bambini. Ma in Italia, con le “classi-pollaio” da 30 alunni non è possibile. E però non si può lasciare un bambino ad annoiarsi per ore. Il bravo insegnante dovrebbe usare i plusdotati come forza trainante, senza farlo pesare agli altri e senza che venga preso di mira.E ricordare sempre che una classe composita è un bene, una ricchezza per tutti».

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